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Castello di Gabiano, futuro con gusto
Immagine del redattore: alessandro felis
alessandro felis
3 apr
Tempo di lettura: 4 min
Ero già stato a Gabiano, nel 2012, per “Vino a corte”, un riuscitissimo evento enogastronomico e il ricordo del luogo era ancora vivo. Quando ci sono tornato venerdì scorso era per scoprire il resort che, nel frattempo, mi dicono e leggo dal sito, è nato all’interno della fascinosa dimora medievale. Rammento che nel corso della mia prima visita, i titolari, i marchesi Cattaneo Adorno Giustiniani mi anticiparono che stavano ristrutturando alcuni locali del vasto e articolato castello, per adibirli a camere e ristorante.
Gabiano Monferrato è un’enclave o, per meglio dire, un’appendice alessandrina, tra le province di Torino e Vercelli. Mentre percorro la strada che dal capoluogo sabaudo porta a quella che immagino la terra di mezzo, per antonomasia, mi ritrovo a provare le stesse sensazioni di alcuni fa. Un déjà vu reale, con sfumature malinconiche, mi avvicino a un borgo medievale. La provinciale della Val Cerrina, sulla sponda destra del Po, è un asse di scorrimento che vedo buio e stretto ma che improvvisamente e inaspettatamente si apre e offre, alla vista, il poggio dominato dall’antica dimora, la cui imponenza incombe sul circondario. In men che non si dica, l’ambiente muta; sogno e realtà si confondono e l’immaginazione vola, indietro nei secoli. L’auto si trasforma in focoso destriero e le sinuose curve che conducono al bricco, in poche vigorose falcate portano ai cancelli di accesso al parco che, magicamente, si aprono. Mi aspetto un violento battere d’ali e la comparsa della sagoma, terrificante e nel contempo rassicurante, di Dragonheart. Sicuramente la pellicola avrebbe trovato l’adatta ambientazione qui, dove il tempo, per molti aspetti, sembra essersi fermato.
Abbiamo appena spostato le lancette avanti di un’ora ma soggiornare a Gabiano, anche per il solo tempo di un pranzo, significa fare un salto molto indietro nel tempo. Per dovere di cronaca, ora mi fisso sul presente e riporto quanto vissuto, lasciando il mondo incantato che, per un attimo, aveva pervaso la mia esistenza.
Castello, parco, labirinto e annessi sono sopravvissuti al passar dei secoli, tutto sommato in gran forma, seppur con la necessità di doverose ristrutturazioni che, sicuramente, saranno attuate a breve. Dodici camere sono state approntate nelle varie dépendances, ognuna con la sua identità e, in posizione che dir panoramica, non rende sufficientemente la realtà, tanto la vista è spettacolare, il ristorante Tre Orologi. Una chicca di buon gusto, sapientemente restaurata, dalla mise en place moderna, che si integra alla perfezione con le mura di pietra e l’architettura sobria e marziale dell’antica fortezza.
I piatti sono all’insegna della tradizione piemontese ma non scordano i vegetariani e la proposta dei vini è, esclusivamente, quella della Cantina del Castello. Ricordiamo che siamo in un’azienda agricola e che la vitivinicoltura è pur sempre l’attività principale. Ai fornelli, Irina, origine moldave, autodidatta, ha sposato il territorio e, smussate alcune ingenuità che con l’esperienza e la voglia di imparare, saranno presto cancellate, dimostra di avere una buona tecnica e un substrato su cui investire per puntare a una proposta di ottimo livello. La sala è in mano a Moira, vercellese, che dopo le esperienze professionali in terra milanese, torna vicino a casa e porta discrezione, efficienza e sorrisi a profusione. Una coppia che emergerà sicuramente e che ha già, dalla sua, un’accoglienza simpatica e rilassata. La visita è stata orchestrata dall’amico, ormai, di lunga data, Maurizio Bruzzese, direttore della struttura che con garbo e buon umore ha rallegrato le ore trascorse in questa oasi di serenità, illustrando luoghi e raccontando, con passione, passato, presente e progetti della proprietà.
Dalla cucina, ottimi i primi con plin e mafaldine e riuscitissimo l’equilibrato flan di spinaci con fonduta di toma. Il pane, fatto in casa, è da plauso. Conoscevo già alcuni dei vini dei Marchesi ma, lo spumante Metodo Classico, Chardonnay 100%, nuova etichetta, con le sue bollicine delicatissime, i sentori agrumati e la beva convincente mi ha colpito, anche per eleganza; tornerò sicuramente per un secondo assaggio. Il Piemonte Sauvignon Corte è delicato, di bella sostanza e il Giardino di Flora è una Malvasia di Casorzo, dolce ma non stucchevole, che ammalia.
Finito il pranzo, la breve passeggiata nei viali che portano al posteggio avrebbe dovuto essere infinita, come la storia di questo luogo, per procrastinare il ritorno in città. E mentre guido, verso casa, questa volta, penso a come riassumere le impressioni, come definire questo luogo indefinibile. Ai piedi della collina che ospita il Castello, un bar chiamato “l’isola che non c’era” mi attira. Forse una contrapposizione all’”isola che non c’è”? Che potrebbe essere il resort che ancora sta prendendo forma e che potrà diventare la perla di un diadema dall’ospitalità, attualmente, ancora in fase di sistemazione, come la spa, quasi ultimata.
Sicuramente, il futuro vedrà concretizzarsi un progetto che con pochi e attenti accorgimenti porterà Gabiano nel gotha nelle attrattive turistiche della nostra regione. Anche in considerazione di una posizione geografica strategica, che vede questa terra raggiungibile facilmente da autostrade e aeroporti, con Torino, Milano, mare, laghi e montagne non così lontani. Un’indispensabile visita, un complemento obbligatorio agli itinerari turistici classici.
Il tutto, nel luogo che non ti aspetti!
Castello di Gabiano
Via San Defendente, 2 - Gabiano M.to
Tel: +39 0142 945004
https://www.castellodigabiano.com/ - resort@castellodigabiano.com